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Abbandono di rifiuti vicino ai cassonetti: illecito ordinario di “abbandono” o “deposito incontrollato” o altro?

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150611

Messaggio 

Abbandono di rifiuti vicino ai cassonetti: illecito ordinario di “abbandono” o “deposito incontrollato” o altro? Empty Abbandono di rifiuti vicino ai cassonetti: illecito ordinario di “abbandono” o “deposito incontrollato” o altro?




A cura del Dott. Maurizio Santoloci
Link da www.dirittoambiente.net

Esame di una prassi di fatto diffusa alla luce del D.lgs n. 152/06 e delle “correnti di pensiero” dominanti

L’abbandono dei rifiuti vicino ai cassonetti è una “prassi” molto comune su tutto il territorio nazionale. E’ noto – infatti – che da parte di privati, ma anche di titolari di negozi ed esercizi commerciali vari si usa “depositare” i rifiuti vicino ai cassonetti; e questo sia quando i cassonetti medesimi sono già pieni e ricolmi, sia anche quando sono ancora vuoti ma è più comodo evitare di alzare il tettino e lasciare nei pressi i rifiuti in questione.

Al di là delle motivazioni soggettive che spingono i vari soggetti a questi “depositi” accanto ai cassonetti, il dato di fatto oggettivo ed incontestabile è che il fenomeno esiste, è oggettivo, è diffuso ed è semplice nella dinamica comportamentale: si lascia il rifiuto vicino al cassonetto invece di inserirlo all’interno. Tutto qui.
Ed a nostro modesto avviso anche la qualificazione giuridica del fatto dovrebbe essere altrettanto semplice e lineare, e direttamente conseguente all’azione comportamentale. Se inserisci i rifiuti urbani nel cassonetto, si assolve all’onere di legge di seguire le regole per lo smaltimento/recupero per tali tipi di rifiuti; se invece non si assolve tale onere, perché non si inserisce il rifiuto nel cassonetto, il rifiuto stesso è posto fuori dalla regole su area pubblica o aperta al pubblico e – quindi – è posto in abbandono o – secondo le quantità/qualità – in deposito incontrollato. Ovunque avvenga il rilascio. Tutto qui.
Perché non mi sembra che il D.Lgs n. 152/06 preveda diversificazioni logistiche di fatto e comportamentali sulle ipotesi sanzionatorie di abbandono/deposito incontrollato.
Ma - evidentemente – non è così, dato che su questo tema (che a me sembra logico e banale) da anni si stanno stratificando dibattiti dottrinari, “interpretazioni amministrative”, prese di posizione diversificate, atti di pubblica amministrazione impostati su vari “orientamenti” e “correnti di pensiero”.

Il campo della normativa sui rifiuti è così, da sempre. Anche sulle cose più semplici e più chiare e lineari, si crea incredibilmente un “codice così fan tutti” che genera le chiavi di lettura più disparate, e da tali iniziali “interpretazioni” si originano poi sottofiloni di “giurisprudenza di fatto” basata non su sentenze ma su idee e logiche di lettura soggettive sulle quali- poi - si apre il dibattito collettivo (e si perde così l’essenza della regola originaria).
Regola originaria che – come ratio legis – almeno in questo caso nel contesto del travagliato cosiddetto T.U. ambientale mi sembra piuttosto elementare e chiara. Sulla base del principio generale che vuole i produttori dei rifiuti (tutti: dal privato al produttore aziendale) responsabili in prima persona (senza possibilità di deleghe a nessuno) dell’avvio del rifiuto prodotto verso il sistema di smaltimento o recupero, con garanzia a propria cura ed onere (e sanzione) della corretta conclusione finale del ciclo del rifiuto, si impone a chi produce rifiuti urbani di garantire a propria cura ed onere (e sanzione) che tale rifiuti finiscano dentro i cassonetti.
Dove sta scritto nel D.Lgs n. 152/06 che la fattispecie di abbandono dei rifiuti fuori dei cassonetti può essere gradata e sanzionata in modo diverso rispetto alla regola base dell’abbandono/deposito incontrollato? Quale articolo e quale comma del D.lgs in esame prevede tali possibilità? A me non risulta nulla, ma ogni contributo in tal senso è gradito.
Peraltro, a ulteriore conferma del fatto che la norma non vuole affatto procedere – come ratio legis – a deregolamentare le regole connesse all’abbandono/deposito incontrollato, si deve sottolineare che la riforma del D.Lgs n. 205/10 ha cancellato pure quella minima deroga (questa volta ufficiale) per la sanzione amministrativa “attenuata” per i piccoli abbandoni1.

Resettata. Il che significa che il legislatore segue la linea di non concedere alcuna deregulation neppure per i fatti realmente minimi. Come si può dunque ipotizzare che – a fronte di nessuna deroga di legge espressa – possa sussistere una regola diversa per chi esegue abbandoni/depositi incontrollati vicino ai cassonetti?
Dunque, a nostro avviso, i rifiuti urbani ed i rifiuti assimilabili agli urbani sono destinati fisiologicamente ad essere inseriti nei cassonetti. Se un soggetto lascia rifiuti urbani e/o rifiuti assimilabili agli urbani fuori dei cassonetti, in pratica li abbandona sulla strada. Punto e basta. Non vediamo altre soluzioni intermedie. I rifiuti urbani ed i rifiuti assimilabili agli urbani che non si trovano dentro i cassonetti ma sono stati lasciati per terra, vicino o lontano dai cassonetti, per noi sono sostanzialmente e formalmente abbandonati o – secondo la quantità – depositati in modo incontrollato. Ed il soggetto va incontro alle relative sanzioni2.

I rifiuti speciali derivanti dalle attività aziendali non possono – invece e come è noto – essere in ogni caso immessi nei cassonetti non essendo nè rifiuti urbani nè rifiuti assimilabili agli urbani. Pertanto se qualcuno (chiunque) li immette nei cassonetti o li lascia vicino ai cassonetti per terra o li lascia per terra lontano dai cassonetti a nostro avviso va incontro alle sanzioni per tale comportamento che è comunque e sempre illecito. Non vediamo a maggior ragione in questo caso nessuna possubilità di deroga o attenuazione nella legge statale.

E chi brucia i rifiuti? Anche su questo punto vi è dibattito. A me sembra che bruciare rifiuti di ogni tipo, comunque ed ovunque, di qualunque tipo e ad opera di chiunque, sia proibito e sia reato3. Anche qui qualcuno sostiene che possiamo ipotizzare deroghe. Ma questo sulla base di quale articolo e comma del cosiddetto T.U. ambientale e delle direttive europee?
Ora, se il titolare di aziende per fretta o perché trova l’impianto di smaltimento o recupero chiuso o con fila di altri utenti in attesa, scarica dal mezzo i propri rifiuti aziendali vicino alla rete di recinzione dell’impianto o vicino al suo cancello, e va via, che tipo di comportamento si può ipotizzare? Appare logico disquisire se ha correttamente adempiuto al proprio onere, se va incontro a sanzione “diversificata”, se ha adempiuto a metà, se ha violato la norma in tutto o in parte? O non è logico ipotizzare che – semplicemente – abbia violato il suo onere e vada incontro alle ordinarie sanzioni connesse all’ipotesi di un soggetto aziendale che, invece di raggiungere il centro di smaltimento o recupero, riversa i suoi rifiuti aziendali lungo il percorso? Fa differenza se li getta vicino alla recinzione del centro medesimo, lungo il percorso su un prato, durante la marcia ai bordi di un’area di servizio? Cosa cambia ai fini sanzionatori? E per quale motivo per il rifiuto gettato vicino ai cassonetti, con le dovute e proporzionate diversificazioni sanzionatorie, non dovrebbe essere la stessa cosa?
Però, proviamo a seguire le opposte interpretazioni. E vediamo come possiamo “costruire” una norma alternativa. E su quali basi.

Primo problema “interpretativo”. Ammesso che il “deposito” dei rifiuti vicino al cassonetto non sia abbandono o deposito incontrollato ordinario, cosa vuol dire “vicino” al cassonetto? Come facciamo a stabilire il limite di confine? Quanti metri sono “validi” per la “deroga”? Un metro? Due metri? Tre metri? Due metri e venti centimetri? E oltre cosa si applica? Fino ad un metro e cinquanta si va in deroga e da un metro e cinquantuno si applica la sanzione ordinaria… Questo in una città. In un’altra stabiliamo due metri e venti centimetri…
Poi. Si tratta semplicemente di un irregolare conferimento dei rifiuti in violazione della normativa sulla raccolta contenuta nei regolamenti locali? E sulla base di quale appiglio al sistema sanzionatorio del D.lgs n. 152/06 si può giungere a tale interpretazione? La regola è regola: o si inserisce il rifiuto nel cassonetto o lo si getta per terra. Esiste un limbo intermedio? Lo conferisco, mi avvicino, ma non troppo, e faccio le cose a metà…
Poi. Che tipo di rifiuti? Quelli domestici va bene. Ma quelli dei negozi e delle piccole aziende? Lo stesso o cosa? Ed ancora: se uno si ferma con il furgone aziendale e lascia vicino al cassonetto rifiuti aziendali veri e propri non assimilabili agli urbani, che facciamo? Vale lo stesso la “deroga”? E se no, perché? E chi poi lascia lastre di eternit vicino al cassonetto? Va in “deroga? Forse no, ma perché? Il principio non vale per tutti? No, perché sarebbe l’assurdo sull’assurdo. Ed allora ecco gli altri filoni interpretativi: se sono urbani si, se sono piccolo-aziendali non si sa, se sono industriali e pericolosi no, o magari se sono negozi si ed aziende produttive no; ma poi ci sono i frantumi da demolizione, i frigoriferi, i divani, i materassi, gli scatolini di Cicciobello a Natale, ed i treni di gomme delle auto ma anche dei trattori e degli “apetti” aziendali… Ed allora? Come facciamo?

Altro piccolo problema. Se i rifiuti sono di origine aziendale, la sanzione di legge è indubbiamente penale. Anche se si tratta di modesto abbandono o piccolo deposito incontrollato. In queste ipotesi (molto diffuse anche senza raggiungere i casi estremi dell’eternit..) può un ente locale amministrativo derogare al sistema penale nazionale e prevedere in alternativa una sanzione amministrativa o addirittura nulla? Esiste – mi sembra – una riserva statale in materia penale… Altrimenti la stessa fattispecie in una città viene sanzionata penalmente ed in quella confinante in via amministrativa o addirittura decriminalizzata. Può essere logico tutto ciò?

Poi si richiamano a supporto altre regole, come quelle del codice della strada. Ma che c’entrano? Semmai sono due cose diverse, con due regole che viaggiano – appunto – per strade proprie e non si può certo ipotizzare una sovramodulazione. Altrimenti chi lascia dieci bancali di eternit sulla strada di notte va in deroga nella sanzioncina del codice della strada (invocando un malinteso principio di specialità) e se la scampa dal D.Lgs n. 152/06… Siamo veramente ai confini della ragionevolezza.
Un ginepraio di “controregole” che – a mio sommesso avviso – partono da un comun denominatore di presupposto errato: chi abbandona rifiuti urbani o assimilabili agli urbani vicino ad un cassonetto su area pubblica ed aperta al pubblico non integra la fattispecie sanzionatoria dell’abbandono/deposito incontrollato. Noi riteniamo esattamente il contrario: sulla base della regola chiara e non derogata (né derogabile) del D.lgs n. 152/06 chi abbandona rifiuti urbani o assimilabili agli urbani vicino ad un cassonetto su area pubblica ed aperta al pubblico integra perfettamente la fattispecie sanzionatoria dell’abbandono/deposito incontrollato. E se si tratta di privati, la sanzione è amministrativa; se si tratta di aziende, la sanzione è comunque penale. Se poi si tratta di rifiuti speciali che non sono rifiuti urbani o assimilabili agli urbani, si esce fuori da tale sistema sanzionatorio minimale e si attraggono sanzioni penali di maggiore rilievo sia che tali rifiuti vengano immessi nei cassonetti sia che vengano lasciati vicino o lontano dai cassonetti.

Per concludere. Mi sembra che nel campo della normativa ambientale, e sui rifiuti in particolare, esistono da sempre due problemi che hanno reso – di fatto – inapplicabile la legislazione di settore o quantomeno ne hanno reso la lettura applicativa un percorso ad ostacoli. Il primo: la farraginosità delle leggi, la loro stratificazione con deroghe, rinvii, richiami, errori, cose a volte incomprensibili. La seconda: un esercizio trentennale di interpretazioni forzate, monosoggettive, a volte totalmente estranee allo spirito ed alla lettera della norma, che hanno innestato ulteriore caos sui testi di legge già difficili in se stessi.
Il risultato è stato l’anarchia di lettura e di applicazione totale. Ognuno si legge ed applica la legge come gli pare, e peraltro ha anche la tendenza a tradurre tali letture asimmetriche in un “principio” con il quale convincere gli altri. E la cosa stupefacente è che diversi altri poi si convincono.
Potremmo citare una enciclopedia di casi esemplificativi. Dalla fantasiosa teoria del “peso da verificarsi a destino” che per anni ha fatto circolare rifiuti micidiali con il peso non inserito sul formulario, ai rifiuti che nei porti per magia diventano “merci” e - pure se sono ribollenti di pericolosità estrema - viaggiano sul mare con le stesse regole e tracciabilità dei Buondì Motta. Fino alle presunte “incompetenze” procedurali per alcuni operatori di PG e/o tecnici in materia ambientale ed altre amenità del genere.
Il risultato concreto di questo stato di cose – poi – è sotto gli occhi di tutti. Nelle nostre acque, sulla nostra terra e sotto di essa, nei nostri polmoni e nei cibi che mangiamo.
Una lettura ed applicazione delle già limitate e scarne norme ambientali avrebbe consentito di ridurre un po’ i danni. Siamo ancora in tempo per una riflessione generale e per decidere se dobbiamo seguire la “ratio legis” delle norme ambientali ed applicarle in questa direzione o continuare sulla strada fino ad oggi percorsa.
Poi non ci meravigliamo perché – all’ennesima potenza – tonnellate di rifiuti liquidi vengono smaltiti nelle acque a poca distanza dalle case. E nessuno se ne accorge.

Maurizio Santoloci

1 Dal volume “Tecnica di Polizia Giudiziaria Ambientale” - di Maurizio Santoloci (Diritto all’ambiente – Edizioni – febbraio 2011 – www.dirittoambientedizioni.net): “ (…) Il D.Lgs. n. 205/2010 ha riscritto completamente il comma 1 dell’art. 255 D.Lgs. n. 152/06 (che, giova ripeterlo, vede il divieto basilare di abbandono/deposito incontrollato da parte dei privati). Prima dell’intervento di modifica, in calce al primo comma dell’art. 255 era presente una ipotesi sanzionatoria minore nel caso in cui il comportamento illecito avesse riguardato un abbandono (e non anche un deposito incontrollato) soltanto sul suolo (e non anche nelle acque) di rifiuti non pericolosi e non ingombranti. In tal caso il privato in luogo della sanzione amministrativa base ordinaria soggiaceva ad una sanzione amministrativa ridotta. Peraltro, a livello oggettivo i rifiuti dovevano avere la doppia (e non alternativa) caratteristica di “rifiuti non pericolosi e non ingombranti”. Il che significava, a titolo esemplificativo, che il deposito incontrollato o l’immissione in acqua di rifiuti, seppure non pericolosi e non ingombranti continuava a essere disciplinato dalla prima parte dell’art. 255 e dunque il responsabile soggiaceva alla sanzione amministrativa di maggiore entità. Si può intuire che l’impianto normativo fosse stato redatto dal legislatore per fotografare la realtà dei piccoli abbandoni quotidiani di rifiuti sul suolo (tipo il gettito in terra di lattine di bevande, il sacchetto di piccoli rifiuti durante una gita, la carta di involucro di confezioni alimentari da passeggio) i quali sarebbero altrimenti andati incontro ad una importante sanzione amministrativa.
Tuttavia, oggi, tale specifica previsione sanzionatoria per gli abbandoni di modesta natura ed entità non è più presente nel testo normativo.
Come abbiamo già detto il D.Lgs. n. 205/2010 ha riscritto completamente il comma 1 dell’art. 255 non riproducendo più tale previsione, ma - anzi - sono state innalzate le sanzioni che ora riguardano tutti i tipi di abbandono o deposito di rifiuti (poichè non vi è più nessuna specifica deroga per i modesti abbandoni di rifiuti sul suolo). Pertanto, sulla base della nuova disposizione, chiunque abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro. Se poi l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio (…)”.

2 Dal volume “Diritto all’ambiente - manuale pratico di uso comune per la difesa giuridica di ambiente ed animali” - di Maurizio Santoloci (Diritto all’ambiente – Edizioni – ottobre 2010 www.dirittoambientedizioni.net): “(…) Nella Parte Quarta del D.Lgs. n. 152/06 viene prevista la sanzione base per chi opera un modesto abbandono di pochi rifiuti con un’azione isolata. L’art. 192 prevede tale divieto e gli artt. 255, comma 1, e 256, comma 2, delineano le relative sanzioni. Viene prevista una sanzione amministrativa per un privato che opera un abbandono isolato di rifiuti di qualunque tipo (sia pericolosi che non pericolosi), mentre lo stesso identico abbandono operato da un titolare di impresa o responsabile di ente viene sottoposto ad una sanzione penale. Il che significa che, se viene individuato un privato cittadino che abbandona in modo isolato un rifiuto proveniente dalla propria abitazione (e dunque un rifiuto domestico non pericoloso o pericoloso) dobbiamo tenere presente che costui sarà soggetto ad un verbale per irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria e dovrà obbligatoriamente rimuovere i rifiuti. Se, invece, tale azione è posta in essere da un titolare di impresa o responsabile di ente per un rifiuto di origine aziendale (ma sempre modesto e con azione isolata) il responsabile sarà perseguito con una denuncia penale (fermo restando anche per lui l’obbligo di rimozione dei rifiuti). Questi due casi, per i qualunque organo di polizia statale o locale ha l’obbligo di intervenire di iniziativa o su segnalazione di un privato cittadino, riguardano pertanto un gesto isolato di abbandono di rifiuti e pertanto un fatto veramente minimo. bruciOve, invece, i due soggetti sopra indicati (privato o azienda) non si limitino ad un modesto abbandono isolato di rifiuti ma vadano a creare un cumulo più consistente di rifiuti con una o più azioni (e cioè, più abbandoni seriali e ripetitivi che fanno cumulo oppure un unico riversamento, però di grande consistenza, con una sola azione) andranno incontro rispettivamente all’illecito amministrativo ( se si tratta di soggetto privato) o all’illecito penale (se si tratta di soggetto aziendale) per un “deposito incontrollato” di rifiuti, fattispecie prevista dagli stessi articoli sopra citati.
Va sottolineato che in questo caso siamo passati dal modesto abbandono isolato ad un accumulo di rifiuti più consistente e visibile e che poi, in alcuni casi, può raggiungere una estensione ed una volumetria importante. Di conseguenza proprio a causa della grandezza dell’accumulo nel gergo comune questa ipotesi viene classifica come “discarica” ma non è così perchè siamo ancora in un ambito di modesta entità volumetrica che non può ancora far scattare il concetto giuridico di discarica che pretende quantità e tempi di permanenza dei rifiuti molto più estesi. (…)”.

3 Dal volume “Diritto all’ambiente - manuale pratico di uso comune per la difesa giuridica di ambiente ed animali” - di Maurizio Santoloci (sopra citato): “(…) Ma torniamo al caso specifico dei roghi che vengono appiccati ai cumuli di rifiuti. Al di là del fatto se i cumuli di rifiuti ed il connesso incendio che viene appiccato agli stessi si trovino in una area boscata, su un prato, sul ciglio di una strada, in area urbana o in qualunque altro sito del nostro territorio, comunque in ogni caso il fatto di appiccare il fuoco ad un cumulo di rifiuti, di qualunque natura (e cioè urbani o artigianali o industriali o di qualunque altro genere, pericolosi o non pericolosi) in se stesso integra automaticamente il reato grave di smaltimento abusivo di rifiuti mediante appiccamento del fuoco. Reato che è previsto entro la parte quarta del T.U. ambientale. Sussistono poi reati immediatamente connessi che vanno in concorso conseguente. Infatti può ipotizzarsi che questo fuoco appiccato su quel cumulo di rifiuti, al di là del fatto che costituisce comunque sempre in ogni caso reato di smaltimento abusivo, possa costituire poi in se stesso anche incendio in senso stretto ai fini del codice penale. Si sottolinea non incendio boschivo, che è un reato specifico previsto dal codice penale (art. 403 bis) e che abbiamo esaminato nel caso precedente, ma il generico reato di incendio (art. 423 c.p.) o, secondo i casi, il reato di danneggiamento seguito da incendio (art. 424 c.p.) che si applicano automaticamente quando un soggetto appicca il fuoco a qualunque bene o mezzo esistente sul nostro territorio. Quindi secondo le circostanze di tempo, di modo, di fatto e soprattutto di gravità e di potenzialità di espandersi di questo fuoco, che parte comunque sempre da un reato di smaltimento illegale di rifiuti solidi, potremmo ipotizzare in concorso il reato di incendio o di danneggiamento seguito da incendio previsti dal codice penale che si innestano come concorso al reato di smaltimento di rifiuti. Non solo, ma da questo rogo (sicuramente smaltimento rifiuti solidi e verosimilmente anche incendio generico o danneggiamento seguito da incendio del codice penale) si originano poi delle missioni fumose. Queste emissioni fumose vanno esaminate nel contesto della normativa sia ambientale sia del codice penale.
In generale dobbiamo dire che al di là del contenuto di tali fumi, le emissioni di questo genere, comunque, integrano automaticamente a nostro avviso il reato di cui all’articolo 674 del codice penale. Si tratta di un reato di pericolo e non di danno che la giurisprudenza della Cassazione in questi anni ha sistematicamente applicato in moltissimi casi nei quali da attività private o da aziende o da altre fonti, ivi inclusi incenerimenti a terra di qualunque natura, si originano poi emissioni di fumi o polveri idonee semplicemente a molestare le persone. Non vi è dubbio che si tratta dunque di un reato minimale, perché il concetto di molestia è proprio il danno minimo che si può originare da questi falò che derivano dal fuoco appiccato ai cumuli di rifiuti.
In realtà da questi roghi non si origina soltanto la molestia, fatto banale previsto a livello minimale dall’articolo 674 codice penale, ma si originano anche conseguenze ben più gravi. Poiché si tratta di fuochi che incidono su cumuli di rifiuti che contengono plastiche e comunque molto spesso materiali artigianali o industriali e spesso addirittura anche rifiuti pericolosi; i fumi e le polveri che derivano da tali abbruciamenti sono anche assolutamente tossici e nocivi e pericolosi per la salute pubblica. Quindi, premesso che l’integrazione dell’articolo 674 codice penale è certamente pacifica e minimale perché si tratta di una norma che addirittura prevede soltanto la molestia per la sua integrazione, la componente tossica e nociva di questi fumi ci porta anche all’integrazione di eventuali illeciti ben più gravi che prescindono anche dall’applicazione del reato di cui all’articolo 674 codice penale.
Possiamo infatti valutare, caso per caso e situazione per situazione, secondo quello che è contenuto nel cumulo di rifiuti e secondo le conseguenze tossiche per la salute pubblica e comunque i materiali che vengono bruciati, anche altri reati più gravi in materia di avvelenamento doloso dell’aria per quanto riguarda la normativa a tutela della salute pubblica e comunque altre conseguenze che possiamo trovare sia nel codice penale sia nelle leggi speciali a tutela dell’ambiente. (…)”.

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