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Imballaggi etichettati - Rifiuti pericolosi?

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Messaggio  riccetto Mer Mar 31, 2010 9:31 am

Promemoria primo messaggio :

Ai fini dell'iscrizione al SISTRI tra le varie problematiche vi è quello di individuare con certezza la pericolosità del proprio rifiuto. Pongo questa discussione per approfindire il problema degli imballaggi etichettati, ovvero con categoria di pericolo H e frase di rischio R relativa.
La classificazione dei rifiuti pericolosi oggi vigente (dal 01/01/2002) a seguito dell’introduzione della Decisione 2000/532/CE e successive integrazioni e modificazioni si basa:

• sul criterio dell’origine/provenienza del rifiuto
• nel caso di “voci a specchio”, sulla presenza di sostanze pericolose superiori a percentuali definite

Nel caso in cui il criterio sia quello dell’origine/provenienza del rifiuto, caso specifico degli imballaggi, l’elenco armonizzato di rifiuti (codice CER) non presenta codici a specchio. In questo senso il normatore ritiene che un ‘imballaggio contenente residui di sostanze pericolose o contaminato da tali sostanze’ presenti caratteristiche di pericolo a prescindere dalle concentrazioni di sostanza pericolosa presenti nel rifiuto e lo classifica quindi automaticamente come pericoloso senza rimandare all’obbligo analitico.
Secondo questa lettura, tutti gli imballaggi 'etichettati' sono quindi pericolosi. Se questa interpretazione è corretta, chi realisticamente non è soggetto all'iscrizione al SISTRI?
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Imballaggi etichettati - Rifiuti pericolosi? - Pagina 3 Empty Re: Imballaggi etichettati - Rifiuti pericolosi?

Messaggio  Aurora Brancia Ven Ott 04, 2013 11:49 am

Con buona pace di chiunque, ci manca solo cosa dicono gli inglesi... già i nostri legislatori hanno le idee confuse e contrapposte, ritengo ci siano già sufficienti solo loro ed anzi che ci risultino d'avanzo.
In entrambi i casi, comunque e per quanto solo a mio avviso, farei notare che si parla di "contenenti sostanze pericolose", al più per il 15 01 10* di "contaminati da...", non si usa per nulla l'espressione "che hanno contenuto". Quindi, logica vorrebbe che si dovesse tener presente tanto la natura chimica quanto lo stato fisico del contenuto e dunque innanzi tutto SE C'E' UN CONTENUTO.

Cerco di portare un esempio esplicativo: se io ho una tanica di plastica dove è stato contenuta una soluzione acquosa concentrata di disincrostante inorganico, dunque un acido, poichè le soluzioni acquose si svuotano senza che ne resti traccia in adesione alle pareti interne dell'imballaggio plastico, a mio avviso il rifiuto "imballaggio" non è affatto a specchio, perché non contiene più nulla di pericoloso. Analogamente, una lattina di vernice a solvente vuota contiene sì dei residui, ma nei residui -che sono di norma ampiamente solidificati- non c'è più solvente in quantità tale da rendere il contenuto residuale ancora pericoloso, quindi anche secondo gli inglesi NON sarebbe 15 01 10*, con eccezione per le vernici in cui la pericolosità è attribuita in base alla sola parte solvente e non magari anche alla  componente solida dei pigmenti ( che secondo me è fin troppo ignorata persino dai produttori).  

Quando ci si trova davanti, e capita non di rado, che si vadano a smaltire barattoli o lattine di vernice "mezzi usati", il rifiuto non è l'imballaggio bensì è la vernice stessa, che è a sua volta contenuta ancora nell'imballaggio originario, quindi - sempre a mio parere - il codice non  sarà di famiglia 15 bensì di famiglia 08, e specificamente 08 01 21*, nome codificato del rifiuto residui di vernici, e nella descrizione del rifiuto ci si aggiunge "contenuti in imballaggi metallici" ovvero "contenuti in imballaggi plastici". .
La fine di questi rifiuti dovrebbe essere il recupero della materia dell'imballaggio mediante processi di bonifica/lavaggio dello stesso, quando possibile ed economicamente conveniente il che equivale a dire praticamente solo per le lattine metalliche, ovvero il recupero energetico/la termodistruzione nel caso di vernici contenute in materiali plastici. In linea puramente teorico-scientifica, persino le lattine metalliche "non altrimenti bonificabili" potrebbero andare a recupero dei metalli, perchè  è evidente che alle temperature di fusione dei metalli, persino dell'alluminio che fonde a soli 660°C, la componente organica si distrugge per combustione: l'unica accortezza dovrebbe quindi risiedere nella predisposizione di una corretta gestione delle emissioni, in cui troveremmo componenti organiche pericolose significative da abbattere. Ma non sarebbe ambientalmente e sanitariamente meglio così, anzichè una discarica, più o meno abusiva che sia?

Profitto per segnalare che dover indicare sul FIR (e/o nella scheda sistri) solo la parte iniziale del destino (ovvero R13 o D15) secondo me lascia troppo arbitrio ai gestori di trasporto e destino, rispetto alla responsabilità univoca e solidale del produttore di che fine fa il suo rifiuto. Vero però che se le cose si potessero organizzare come secondo me dovrebbero, ci vorrebbe qualcuno che si assumesse la responsabilità di mettere nero su bianco "questo rifiuto deve essere trattato solo così o colì, e basta". Ciò richiederebbe la qualificazione professionale specifica dei consulenti ma -come sappiamo benissimo tutti- ciò non sarebbe funzionale nel breve (ma indefinitivamente prolungato) termine all'economia spicciola del quotidiano.
Questa però è un'altra storia, come dice Lucarelli...
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